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Le infrastrutture viarie provinciali tra guerra e ricostruzioneLe infrastrutture viarie provinciali tra guerra e ricostruzioneLe infrastrutture viarie provinciali tra guerra e ricostruzione

Le infrastrutture viarie provinciali tra guerra e ricostruzione

(estratto da Per una geografia elettorale provinciale in La Provincia di Pesaro e Urbino nel Novecento. Caratteri, trasformazioni, identità, a cura di A. Varni, Marsilio, Venezia 2003).

Introduzione

Nel corso dei primi tre anni di guerra - dal giugno 1940 al settembre 1943 - la situazione delle comunicazioni provinciali non subisce particolari sconvolgimenti. All’inizio del conflitto, infatti, la provincia, proprio per la mancanza di nodi strutturali e infrastrutturali di importanza strategica nazionale, viene ritenuta dalle autorità sostanzialmente al riparo da possibili operazioni belliche dirette sul suo territorio. A rendere la situazione, almeno sulla carta, piuttosto tranquilla, sono anzitutto la scarsa presenza di impianti industriali, quindi gli scali portuali a basso pescaggio, e non da ultimo, la considerazione della poca rilevanza, ai fini delle operazioni militari, delle infrastrutture viarie della provincia, ad esclusione dell’unico asse trasversale che la attraversa per intero, ovverosia quello lungo costa. Una sostanziale conferma di tali ottimistiche previsioni è riscontrabile, in questi anni, tanto nello stato d’animo e nello spirito pubblico della popolazione, quanto nelle scelte delle autorità e nei loro atti istituzionali. Sono da collocare in tale contesto, ad esempio, il cosiddetto “Piano Fiume”, finalizzato a dare rifugio a numerosi profughi fiumani1 ed il progressivo popolarsi dei comuni dell’entroterra di sfollati provenienti dalle grandi città italiane, sempre più soggette a continui e pesanti bombardamenti2. In questo senso, nemmeno il peggioramento della situazione bellica nazionale, con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, pare sconvolgere, in un primo momento, tale quadro generale. E’ in effetti solo a partire dal settembre 1943, con l’occupazione militare tedesca, che la situazione muta radicalmente, allorché l’Appennino umbro-tosco-marchigiano comincia a rivestire un ruolo strategico difensivo essenziale nei piani degli occupanti3. In questa direzione, nelle intenzioni iniziali della Wehrmacht, quelle che sono state per decenni debolezze infrastrutturali e difficoltà geografiche di collegamento, diventano - nell’ottica dell’apprestamento di stabili baluardi difensivi - veri e propri punti di forza. Il Colle San Bartolo di Pesaro, che interrompe l’andamento pianeggiante della costa e delle sue spiagge, i limitati spazi pianeggianti dell’entroterra, il paesaggio collinare e pedemontano da cui controllare i passaggi vallivi, le aberrazioni geologiche del Montefeltro: tutto ciò diventa, in considerazione dell’allestimento difensivo del versante Adriatico, un scenario ideale per arrestare o almeno ritardare l’avanzata delle truppe nemiche. Così, quando il 19 settembre 1943 giunge al Comando Supremo della Wehrmacht il piano elaborato dal gruppo d’arme B, guidato dal maresciallo Rommel, il baluardo adriatico della Linea Gotica è subito individuato senza esitazione nella città di Pesaro4, mentre qualche dubbio resterà ancora per qualche tempo per il punto terminale dell’opposto versante tirrenico.

1 Cfr. S. Adorno, Lo sfollamento a Pesaro, in G. Rochat, E Santarelli, P. Sorcinelli, Linea Gotica 1944. Eserciti, popolazioni, partigiani, Franco Angeli, Milano 1986, pp. 284-289.

2 Tragica conferma di tale situazione si avrà dopo l’inaspettato bombardamento di Urbania del 23 gennaio 1943, in cui tra le circa 300 vittime si troveranno appunto anche sfollati da grandi città italiane, quali ad esempio Napoli.

3 Cfr. L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia. 1943-1945, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 350-353.

4 I dubbi sul baluardo tirrenico della linea difensiva riguarderanno soprattutto due località, Piombino e Cinquale, in provincia di Massa. Cfr. G. Schreiber, La linea Gotica nella strategia tedesca: obiettivi politici e compiti militari, in Linea Gotica 1944, cit., pp. 30-61.