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Partiti e amministrazioen a Pesaro dalla Liberazione alla ricostruzione 1944-1948Partiti e amministrazioen a Pesaro dalla Liberazione alla ricostruzione 1944-1948Partiti e amministrazioen a Pesaro dalla Liberazione alla ricostruzione 1944-1948

Partiti e amministrazione a Pesaro dalla liberazione alla ricostruzione 1944-1948 - Luca Garbini

(in Dal tramonto all'alba. La provincia di Pesaro e Urbino tra fascismo, guerra e ricostruzione, a cura di A. Bianchini e G. Pedrocco, Clueb, Bologna 1995)

Introduzione

Le pagine che seguono hanno per tema la rinascita della vita politica e i problemi della ricostruzione a Pesaro, considerati nell’arco di tempo fra la liberazione e le elezioni politiche del 1948. Più in particolare, si cercherà di dar conto del modo in cui i partiti, gli organismi politici e gli uomini, già attivi nella resistenza, affrontarono la drammatica eredità del fascismo e della guerra. È noto che i partiti antifascisti - e non solo a Pesaro, ovviamente - si trovarono di fronte ad un complesso intreccio di questioni, che molto schematicamente possono ridursi alla primaria necessità di affrontare i problemi posti dalle gravissime condizioni materiali della popolazione (frutto, a Pesaro, della quasi totale distruzione del tessuto economico della città) e all’esigenza di organizzare il consenso popolare nella rinascita della dialettica democratica dopo vent’anni di dittatura, garantendo il governo della città in una fase di eccezionalità istituzionale.

Si vedranno pertanto le risposte date a tali questioni attraverso l’ottica privilegiata della prassi amministrativa. In pratica, si è partiti dall’assunto che le rinate istituzioni municipali democratiche - dapprima espressione dell’unità antifascista del Cln, sanzionata dal Governo militare alleato (Amg), e poi, dall’aprile del 1946, espressione diretta della volontà popolare -, gli uomini e i partiti che le rappresentavano, le loro scelte e le loro contrapposizioni costituiscano il terreno su cui misurare lo sforzo della ricostruzione morale, prima ancora che materiale, della città. Si badi, non si è certo inteso sopravvalutare il ruolo della Amministrazione comunale; del resto - è cosa arcinota - fin dalla formazione del gabinetto Bonomi il «centro» politico aveva già deciso la restaurazione del tradizionale assetto statale, in una linea di continuità che marcava, nel ripristino dei vecchi organismi di controllo e della classica centralità del prefetto, l’affossamento di ogni esperienza di autogoverno locale e di ogni sforzo di connotare in chiave autonomista e compiutamente democratica le istituzioni periferiche dello Stato. Anzi, si vedrà come anche a Pesaro il dispiegarsi dell’azione amministrativa della giunta e del consiglio comunale (specie dopo il netto successo comunista nelle elezioni del marzo 1946), comportasse uno scontro costante, rotto da pochi e brevi momenti di tregua, con le autorità tutorie ed in particolare con la prefettura. Proprio nella diversa coscienza di questa contrapposizione, nella maggiore o minore accettazione di questa tutela che gravava sugli atti amministrativi, nella più o meno marcata insofferenza per un iter burocratico spesso assai complesso, che rallentava e rendeva debole l’azione degli organi municipali a fronte degli impellenti problemi da risolvere, si esplicitano sul terreno della prassi - chiusa la fase dell’eccezionalità - le differenti identità dei partiti. È fin troppo ovvio, poi, che lo scontro fra democristiani e comunisti pesaresi, sempre più forte a partire dall’autunno del 1946, al di là della differente natura e della diversa composizione sociale dei due partiti, è da vedersi come l’inevitabile riflesso degli eventi nazionali; del resto quello che qui interessa non è tanto il riflesso, ma, per così dire, le modalità della rifrazione. E queste, nel taglio da noi prescelto, appaiono catalizzarsi - lo ripetiamo - attorno al ruolo del Comune e al conflitto fra Comune e organi di tutela, fra centro e periferia (...).

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