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Gli Internati Militari Italiani Nei Lager Nazisti

Internati militari (Italienische Militär-Internierten) furono denominati dai tedeschi i soldati italiani catturati in patria e sui fronti di guerra all'estero nel settembre 1943 dopo la proclamazione dell'armistizio. Non vollero qualificarli «prigionieri di guerra» per sottrarre al controllo e all'assistenza degli organi internazionali previsti dalla convenzione di Ginevra del 1929 le vittime predestinate al «castigo esemplare» che Hitler aveva promesso agli italiani, rei di essere venuti meno al patto di alleanza, che era in realtà un rapporto di soggezione.
Fu quella la più grave disfatta politica e militare subita dal nostro Paese in epoca moderna. Seicentomila uomini e forse più: ufficiali, sottufficiali, soldati, medici, cappellani militari, chiusi nei carri ferroviari e trasferiti nei campi della Polonia e della Germania a languire di inedia o a lavorare come schiavi nelle miniere e nelle fabbriche di guerra. Più di quarantamila morirono di fame o di tubercolosi, per sevizie ed esecuzioni sommarie o sotto i bombardamenti.
Finita la guerra, su questa immane tragedia calò un inesplicabile silenzio. Parve che nella coscienza nazionale fosse avvenuta una sorta di rimozione dell'evento, anche se ben altre furono le motivazioni politiche e sociali che la determinarono. Soltanto l'Associazione Nazionale Ex Internati intraprese un'opera sistematica di ricerca e di raccolta di documenti, che oggi si concreta in decine di volumi, a dispozione degli studiosi.
Il dato macroscopico che caratterizzò la vicenda dei militari italiani internati nei lager fu il loro massiccio rifiuto di combattere e di collaborare con i tedeschi e con i fascisti. Il NO che li trattenne prigionieri in Germania, e che molti pagarono con la vita, fu atto volontario e consapevole.

( tratto da www.anei.it)