L’eccidio di Fragheto (Fraz. del Comune di Casteldelci) causa il 7 aprile 1944 la morte di 30 civili, circa la metà della popolazione del piccolo centro, senza che sia riservata alcuna distinzione o pietà per l’età, per il sesso o per le condizioni di salute delle persone trucidate. Il giorno successivo (8 aprile) presso il ponte di Casteldelci, previe sevizie, otto giovani, presunti partigiani, vengono fucilati, senza procedere ad alcuna identificazione e i loro corpi oltraggiati.
Ciò che è accaduto in quei giorni rappresenta uno degli episodi più dolorosi e gravi che abbia subito il territorio provinciale durante la seconda guerra mondiale. Quella tragedia costò, quindi, 38 vite umane tra la popolazione civile, 38 omicidi perpetrati su donne, anziani, bambini, senza risparmiare neonati, infermi, ragazze in attesa.
La strage di Fragheto è il più rilevante ed emblematico episodio di una serie di crimini perpetrati su cittadini inermi della provincia durante il periodo dell’occupazione nazifascista. Uno stillicidio di violenze accompagnato da una scia di sangue che hanno lasciato profonde ferite nelle comunità locali. Poi il dolore, l’inerzia delle istituzioni statali, la frenesia della ricostruzione hanno spesso, negli anni successivi alla guerra, relegato nell’oblio o su una muta lapide il ricordo dell’orrore vissuto.
La Provincia di Pesaro e Urbino in occasione del 60° Anniversario della Liberazione ha promosso in stretta collaborazione con l'ISCOP e la Biblioteca Bobbato una ricerca storica capace di inquare i numerosi episodi nell’ambito della storia della provincia nel secondo conflitto mondiale. Si è creduto, infatti, opportuno e necessario affiancare ad iniziative di carattere istituzionale, quale quella che ha portato al conferimento, da parte del Presidente della Repubblica, al Comune di Casteldelci, a quello di Pesaro e alla Provincia di Pesaro e Urbino, della Medaglia d’Argento al valore civile, attività di ricerca scientifiche e didattiche capaci di comprendere meglio e divulgare ad un grande pubblico la realtà di questi fatti.
Mancanza di ricerche scientifiche – La strage di Fragheto e i fatti di Casteldelci in particolare, così come numerosi altri episodi, non sono mai stati oggetto di un’analisi scientifica di carattere storico che si sia concretizzata in una pubblicazione. La memoria di quanto accaduto è stata tramandata perlopiù, da testimonianze, giornali locali, note diaristiche che hanno sempre evidenziato un forte elemento soggettivo. Il ricordo delle stragi è rimasto affidato per anni o alla memoria dei sopravvissuti o alla buona volontà di singoli cittadini che hanno sentito l’esigenza di non far dimenticare e di comprendere meglio l’episodio, che sisono dovuti muovere spesso personalmente, lavorando singolarmente sul territorio dedicandovi il tempo libero e autofinanziandosi. Le ricostruzioni fatte, risentono quindi di un deficit di scientificità, tanto che anche fatti particolarmente gravi, quali quelli di Fragheto, hanno finito per esseretrascurati dalla maggiore pubblicistica storiografica sul tema.
Mancanza di esiti giuridici – Bisogna precisare che la rappresaglia avvenuta a Fragheto così come i fatti di Casteldelci o altri particolari episodi, non possono essere considerati a nessun effetto regolare azione di guerra ma, secondo le categorie giuridiche, costituiscono dei crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ricordiamo, infatti, che si intende per crimine contro l’umanità, secondo l’accezione coniata per Norimberga e poi affermatisi in ambito internazionale: “l’assassinio, lo sterminio, lo schiavismo, la deportazione, e qualsiasi altro atto disumano commesso contro le popolazioni civili, prima o durante la guerra, o le persecuzioni, che abbiano costituito o meno una violazione del diritto interno del paese dove sono stati perpetrati (...)”.
A fronte di questa cornice giuridica, che inquadra i fatti a cui ci si riferisce tra i reati più gravi che siano stati commessi sul nostro territorio nel secolo trascorso, si registra l’assolutamancanza di un esito giuridico riferito a questi crimini. Anche i processi per collaborazionismo che sono stati istruiti nell’immediato dopoguerra si sono conclusi con altrettante assoluzioni e archiviazioni. Ciò corrisponde a un determinato clima giuridico, politico ma anche psicologico che ha vissuto il paese nel secondo dopoguerra e che ha portato alla “archiviazione provvisoria”, adottata arbitrariamente dalla Procura Generale Militare presso il Tribunale Supremo Militare, di tutti i 695 fascicoli riguardanti le circa 15.000 vittime di stragi nazifasciste in Italia (circa 70 i fascicoli riguardanti fatti criminosi compiuti nella provincia di Pesaro e Urbino). Questi fascicoli così occultati, tra cui sono presenti anche quelli sui reati del Comune di Casteldelci, hanno costituito il contenuto del cosiddetto “armadio della vergogna” reperito nel 1994 presso Palazzo Cesi, sede della procura generale militare. In merito a questa vicenda il Consiglio della Magistratura Militare prima e la Commissione parlamentare Giustizia poi, deliberarono un’indagine conoscitiva che portò all’invio alle Procure Militari competenza dei fascicoli per le istruttorie. Per i reati della provincia di Pesaro e Urbino la Procura militare competente è quella di La Spezia.
Di fronte all’impossibilità, quasi certa anche per motivi generazionali, di affidare i responsabili delle stragi alla giustizia, si ritiene sia importante giungere comunque ad una descrizione e definizione storiografica dei fatti la più circostanziata e precisa possibile. Questo anche per rispondere a certo grossolano revisionismo che di fronte a fatti come questi, in cui risulta improponibile il tentativo di legittimare le due parti in lotta Resistenza e Nazifascismo, tenta di puntare o su una sorta di “prescrizione storiografica” fondata sull’oblio e sul silenzio oppure su uno spostamento delle responsabilità dai mandanti ed esecutori diretti della strage a chi legittimamente combatteva militarmente le truppe occupanti, perpetrando cosìuna memoria strumentale e “divisa” di quei fatti.
Emblematicità dell’episodio – Si intendono quindi realizzare una serie di schede storiografiche composte da una descrizione dell’episodio, le persone interessate dai fatti, lo stato delle ricerche, il modo in cui l’episodio è stato ricordato in questi 60 anni, un’appendice documentaria. Uno spazio particolare verrà riservato alla stragedi Fragheto, in quanto è per molti versi un piccolo universo che permette diverificare e comprendere meglio anche altri nodi della storia provinciale e nazionale, relativamente al periodo in questione.
Le ricerche fino ad oggi condotte ci indicano come la strage non sia stataperpetrata da spietati criminali ma da soldati semplici, da “uomini comuni” cheun determinato contesto bellico e ideologico trasformarono in efferatiassassini. Ciò riconduce ad una riflessione sul tema della guerra e dellapace. Fragheto costituisce un concentrato dell’orrore prodotto dall’ultimaguerra mondiale sul territorio provinciale, permette una presa di coscienzaforte sulla realtà della guerra, sui suoi effetti fuori dai filtrimass-mediatici.
Permette di comprendere meglio il periodo della Repubblica sociale, i suoirapporti di forze interni e di verificarne la reale autonomia rispetto aiprogetti e alle azioni di sterminio dell’occupante tedesco.
Inoltre permette di affrontare una storia non agiografica ma complessa del movimento resistenziale delle sue motivazioni, delle sue difficili scelte, dei suoi rapporti con il territorio.
Consente di illuminare di una luce più precisa e attenta i valori umani e morali della fase storica che si aprì nell’immediato dopoguerra, periodo caratterizzato non solo dalla ritrovata libertà e dalla voglia di ricostruzione ma anche dalla difficoltà oggettiva di rimarginare quelle ferite, di riassorbirle nel tessuto civile della nuova Italia. Fragheto è una cartina ditornasole della dialettica che si instaurò tra memoria e volontà di oblio edi occultamento che caratterizzò non solo la provincia, ma la nazione el’intero contesto internazionale nell’incapacità di giungere ad una memoria condivisa di quella tragedia. Inoltre, lo studio del modo in cui, in circa sessant’anni, la stampa ed alcuni soggetti sociali hanno “utilizzato” questa memoria costituisce una traccia per una storia politica e sociale della memoria della Resistenza e del Nazifascismo in Italia e nella nostra provincia.
Complessità della ricerca –Proprio per l’insieme di motivi precedentemente esposti la ricerca richiederà un impegno forte, un’attenzione particolare ed un uso scrupoloso e scientifico delle fonti, anche in ragione del fatto che rispetto ad altre ricerche storiche questa tratta anche di reati particolarmente gravi e non prescritti, quindi sensibili a tutti gli effetti di un intervento della magistratura.
Proprio per giungere ad unadefinizione chiara delle responsabilità materiali e morali delle stragi si ritiene imprescindibile l’acquisizione della documentazione delle fonti ufficiali sia di parte tedesca sia di parte italiana. Ciò dovrà avvenire attraverso consulenze qualificate di esperti del settore che verranno coinvolti appositamente nella ricerca.
Le fonti
Le fonti fino ad oggi indagate: